Enasarco nella bufera, Sangalli e Bonomi scrivono al ministero del Lavoro
Un groviglio come è raro vederne anche in Italia. Colpi di scena, rovesciamenti di maggioranze, ribaltoni, esposti e faide a suon di denunce e carte bollate. Il fondo pensione Enasarco, che gestisce la previdenza degli agenti di commercio e amministra circa 10 miliardi di asset, è sempre più nella bufera. Tanto che il 9 febbraio, come risulta a Tag43, Carlo Sangalli e Carlo Bonomi, rispettivamente presidenti di Confcommercio e Confindustria, hanno preso carta e penna e chiesto al ministro del Lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando di prendere provvedimenti per evitare che uno dei più grandi fondi pensione del Paese si trovi a brevissimo nella condizione di non poter più erogare le sue prestazioni.
Enasarco senza pace
Storia lunga e intricata, quella Enasarco, un ente che da troppo tempo appare senza pace. Dopo l’elezione nel gennaio 2021 del consiglio guidato da Antonello Marzolla, espressione della lista di Confindustria e Confcommercio, la fazione avversa perdente alle elezioni, si era rivolta alla magistratura denunciando irregolarità nel voto dell’assemblea. L’appiglio era il voto “mal contato” di un delegato, Romualdo Nesta, che lamentava un difetto di connessione telematica nel momento in cui era stato invitato a esprimere la sua preferenza. A seguito dell’esposto la XVI sezione del tribunale di Roma, presieduta da Giuseppe Di Salvo, sospendeva una prima volta la proclamazione del cda di Enasarco appena insediato. Poi però la decisione del magistrato venne neutralizzata dall’indicazione del ministero del Lavoro, cui compete la vigilanza sull’ente pensionistico, di attribuire i consiglieri in proporzione ai voti raccolti dalle liste, che – questo è l’unico punto che accomunava tutti i contendenti – seguono meccanismi statutari desueti e poco chiari.
La litigiosità delle componenti del fondo e le denunce
Guerra finita dunque? Nemmeno per sogno. Reinsediato un cda presieduto da Marzolla, ma con una diversa compagine rispetto al precedente, la componente Confesercenti, patrocinata dagli avvocati Guido Alpa e Andrea Zoppini, impugnava nuovamente la nomina. E questa volta sulla base di una diversa interpretazione dello statuto che avrebbe richiesto di ponderare i voti in modo tale da comportare l’ennesimo capovolgimento di fronte. Ecco che allora sempre la XVI sanzione del Tribunale presieduta da De Salvo e con giudice Maurizio Manzi per la seconda volta sospendeva in via cautelare l’insediamento del cda a guida Marzolla. Con ciò rimettendo alla commissione elettorale di formarne uno nuovo, invitando le parti a trovare una soluzione condivisa. Auspicio vano, considerando il tasso di litigiosità tra le componenti e le denunce penali presentate da Enasarco nei confronti del presidente in pectore della lista Confesercenti, Alfonsino Mei, e della incompatibilità degli elettorati. A questo punto il giudice Manzi ordinava alla commissione elettorale di nominare i consiglieri esprimendo direttamente i nomi, con una decisione raramente vista in sede cautelare e che dimostra una grande motivazione da parte della sezione a risolvere d’imperio la situazione. Così che alla commissione elettorale non restava che obbedire. Dietrofront, e via all’insediamento di un nuovo cda presieduto da Mei. Il quale, come primo atto, revocava l’incarico al direttore generale Carlo Bravi e i mandati agli avvocati Michele Briamonte e Andrea Di Porto che assistevano Enasarco nei contenziosi.
Sangalli e Bonomi invitano il ministero del Lavoro a intervenire
Sin qui la telenovela, che pare tutt’altro che conclusa e promette nuove puntate di una trama complicata dove si intrecciano sezioni di tribunale, procure, studi legali blasonati e uffici ministeriali. E che ha determinato la lettera a Orlando firmata da Bonomi e Sangalli che, preoccupati dalla paralisi in cui è precipitata Enasarco, invitano il ministro a prendere le opportune decisioni. Ma che è anche un mettere le mani avanti in vista di un prevedibile ulteriore deterioramento della vicenda. «È di tutta evidenza che la situazione di stallo determinatasi nella governance dell’Ente non appare adeguata a garantire la corretta gestione del patrimonio della Fondazione», scrivono i due presidenti. «La compromissione del patrimonio di Enasarco temiamo possa determinare un aggravio di oneri a carico delle case mandanti o costi a carico della fiscalità generale di cui Confindustria e Confcommercio non potranno essere ritenute in alcun modo responsabili».