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Sudan, piano d'emergenza a tutela degli italiani

Sudan, piano d'emergenza a tutela degli italiani

(Adnkronos) - Pronto il piano del ministero della Difesa per l'evacuazione di circa 200 italiani che si trovano in Sudan, dove da una settimana infuriano gli scontri tra l'esercito regolare e i paramilitari delle Forze di sostegno rapido (Rsf). A quanto apprende l'Adnkronos, i connazionali dovrebbero arrivare via terra dal Sudan - essendo la maggior parte degli aeroporti inagibili - al punto di raccolta di Gibuti, dove si trovano gli aerei militari pronti per le operazioni di evacuazione.  

MELONI - Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta seguendo l'evoluzione del conflitto in Sudan e ha tenuto una riunione con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il Capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone, il generale Francesco Paolo Figliuolo, responsabile del Comando operativo di vertice interforze, i responsabili dell'Unità di crisi della Farnesina e dei Servizi di Sicurezza. Lo riferiscono fonti di Palazzo Chigi, secondo cui durante la riunione è stata esaminata la situazione sul terreno, in contatto diretto con le unità presenti in Sudan, e predisposto un piano di emergenza per la tutela dei nostri connazionali. 

Intanto "sono stati messi in sicurezza 19 italiani che si trovavano in crociera nelle acque di Port Sudan. Li abbiamo assistiti fin dall'inizio degli scontri, ora sono sbarcati ad Hurghada. Grazie al lavoro delle nostre ambasciate a Khartoum e al Cairo e dell'Unità di crisi della Farnesina", ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. 

"Il governo sta seguendo minuto per minuto quello che sta accadendo - ha detto Tajani intervenendo a una manifestazione -. Da Pisa ho parlato con i militari che sono a Gibuti, li ho ringraziati ed incoraggiati, esprimendo loro il sostegno e l’apprezzamento del governo. Dobbiamo fare di tutto per tutelare la sicurezza dei nostri connazionali. L’ambasciata è pienamente operativa. Tutti gli italiani sono in contatto con la nostra ambasciata che è in grado di fornire anche viveri e acqua ed ha autonomia energetica ancora per parecchi giorni". "Ci auguriamo che possa esserci una tregua che stiamo incoraggiando e un cessate il fuoco che permetta di rendere più facile qualsiasi azione", ha aggiunto il ministro. 

EVACUAZIONI - Il generale Abdel Fattah al-Burhan, alla guida delle Forze armate sudanesi, "ha acconsentito" a "facilitare" l'evacuazione dal Sudan di cittadini stranieri e diplomatici. Secondo quanto reso noto via Twitter, Al-Burhan "ha ricevuto telefonate dai leader di diversi Paesi con la richiesta di facilitare e garantire l'evacuazione" dal Sudan "dei loro cittadini e delle missioni diplomatiche" e "ha accettato di fornire l'assistenza necessaria a garantire" i trasferimenti. Stando alla dichiarazione, "si prevede che le operazioni di trasferimento di tutte le missioni i cui Paesi lo richiedano inizino nelle prossime ore" e "Usa, Regno Unito, Francia e Cina trasferiranno i loro diplomatici e cittadini con aerei da trasporto militari, appartenenti alle loro forze armate, da Khartoum e questo dovrebbe iniziare immediatamente". I sauditi sono stati invece trasferiti via terra a Port Sudan e poi da lì hanno lasciato il Paese in aereo, affermano sempre su Twitter. 

In un'intervista alla Tass l'ambasciatore russo a Khartoum, Andrey Chernovol, ha detto che nessuna delle missioni diplomatiche in Sudan è riuscita a far uscire il proprio personale dal Paese. "Altri Paesi lo annunciano. Tuttavia, per quanto ne so, nessuna missione è riuscita a evacuare il proprio personale da Khartoum e, in generale, dal Sudan. Alcune si sono spinte fino a Port Sudan, ma noi non abbiamo ancora questa opportunità", ha dichiarato Chernovol. 

ANCORA SCONTRI - Dopo una breve pausa i combattimenti proseguono. Stamani la capitale Khartoum è stata nuovamente colpita, ha riferito un giornalista sul posto all'agenzia Dpa. In città sono risuonati colpi d'arma da fuoco e testimoni hanno scritto su Twitter di esplosioni. Secondo il giornalista, il cessate il fuoco - concordato dalle parti venerdì in occasione delle celebrazioni di Eid al-Fitr per la fine del mese di Ramadan - ha per lo più tenuto durante la notte e ci sono stati solo "scontri sporadici". 

Stamani nella capitale sudanese si sono "intensificati" i combattimenti tra l'esercito sudanese e le Forze di supporto rapido, si legge sul Sudan Tribune secondo cui sono stati segnalati esplosioni e scontri nelle aree vicine al Comando generale dell'esercito e al palazzo presidenziale di Khartoum. Gli scontri, si legge ancora, si sono poi estesi alle zone di Hillat Hamad, Khojaly e Arkaweet. Il Sudan Tribune cita testimonianze che riferiscono di attacchi dell'artiglieria nelle zone di Ombada e Karari. 

"Non c'è stato affatto alcun cessate il fuoco", ha detto alla Bbc l'ex ministra degli Esteri del Sudan, Mariam al-Mahdi, che si trova a Khartoum, dove si stanno verificando gli scontri più violenti. "Siamo rimasti senza elettricità nelle ultime 24 ore. Siamo senza acqua da sei giorni", ha riferito al-Mahdi, aggiungendo che anche le squadre mediche sono state prese di mira durante i combattimenti e che "ci sono parecchi corpi dei nostri giovani morti nelle strade della capitale". 

GENERALE AL-BURHAN: "IO VIA DA QUI? SOLO IN UNA BARA" - "Le Forze di supporto rapido (Rsf) sono dispiegate nei quartieri e usano i civili come scudi umani" è l'accusa lanciata dal generale Abdel Fattah al-Burhan in dichiarazioni ad al-Arabiya mentre crescono i timori per la situazione in Sudan e mentre si lavora per portare fuori dal Paese i cittadini stranieri. Secondo il generale, gli aeroporti del Sudan sono "sotto il controllo dell'esercito, eccetto quelli della capitale Khartoum e Nyala" e per al-Burhan serve "un dialogo interno per risolvere la crisi". 

Il generale ha accusato le Forze di supporto rapido di "attaccare missioni diplomatiche" e "trasformare gli ospedali in siti militari". "Hanno attaccato negozi, banche e istituzioni governative", ha incalzato. I combattimenti "all'interno delle città prolungano gli scontri - ha detto - Gli uomini armati devono lasciare le zone abitate per porre fine a questa guerra". 

E alla domanda se sappia dove si trovi il capo delle Forze di supporto rapido, Mohamed Hamdan Dagalo, ha risposto che "neanche le sue forze sanno dove sia", convinto che "nessuno possa prevedere quando finiranno" gli scontri. 

"Da qui mi porteranno via solo in una bara" ha detto il generale Abdel Fattah al-Burhan. "Nessuno può prevedere quando finirà questo conflitto - ha insistito - Il primo passo fondamentale è che i paramilitari si ritirino dalle zone abitate".