Silvia Ussai su Covid-19 e vaccini: “Ripensare al concetto di protezione indiretta”
Silvia Ussai, medico farmacologo e membro della Società Italiana di Farmacologia Clinica, sottolinea l’importanza dell’immunità di gregge per affrontare la nuova fase pandemica
Milano, 30 Dicembre 2021.“Si definisce protezione indiretta, comunemente conosciuta come immunità di gregge, la condizione per cui quando la maggior parte della popolazione è immune ad una certa malattia infettiva, fornisce protezione anche a coloro che non lo sono”.
Introduce così il dibattito sul tema dell’immunità di gregge la dottoressa Silvia Ussai, medico farmacologo e membro della Società Italiana di Farmacologia Clinica.
In Italia oltre il 90% dei bambini risulta vaccinato contro il morbillo, e questo livello di copertura offre protezione anche agli individui non vaccinati. Infatti, dal 1° gennaio al 31 agosto 2021, l’Istituto Superiore di Sanità riporta soltanto 3 casi di morbillo in Italia.
Il meccanismo di base è che, diminuendo la circolazione virale, decresce la possibilità che un soggetto non vaccinato venga a contatto con il patogeno.
Lo stesso principio può essere applicato per qualsiasi agente infettivo, incluso il coronavirus.
In questo caso, però, ci sono tuttavia alcune variabili a complicare il processo.
“Non esiste infatti una soglia magica da raggiungere per l’immunità indiretta da SARS-CoV-2”, continua la dottoressa Silvia Ussai.
Convivere con il virus: lo scenario internazionale
Risulta ormai chiaro a tutti che il ritorno alla vita pre-pandemia, con l’assenza di focolai da COVID-19, risulta purtroppo improbabile per diversi anni, e questo per alcune ragioni.
“In primo luogo, la resistenza alla vaccinazione COVID-19 si è dimostrata superiore a quella stimata e certamente più ampia rispetto a quanto osservato per altre malattie; ad esempio la poliomielite o l’epatite B, i cui vaccini sono divenuti obbligatori rispettivamente nel 1966 e 1991”, spiega ancora la dottoressa Silvia Ussai.
A questo, si aggiunga anche la distribuzione diseguale dei vaccini contro il COVID-19 nel mondo.
Secondo i dati forniti dall’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), all’interno dell’Unione Europea il 79% della popolazione di età superiore ai diciotto anni ha ricevuto il ciclo vaccinale anti COVID-19 completo, con la terza dose somministrata al 28% del target.
In Africa, sono soltanto 2 dei 55 paesi membri dell’Unione Africana ad aver raggiunto una copertura vaccinale superiore al 70% (Mauritius e Seychelles), con aree in cui la campagna di immunizzazione non è nemmeno partita, come Burundi ed Eritrea.
I dati provenienti dagli Stati Uniti e aggiornati a dicembre 2021 riportano il 62% della popolazione vaccinata con 2 dosi, ed un 30% che ha ricevuto il booster. Tuttavia, le variazioni geografiche sono rilevanti: 9 degli stati federali e Puerto Rico hanno raggiunto il 70% di popolazione vaccinata con due dosi, mentre vi sono almeno 4 stati dove questa percentuale è inferiore al 50%.
In secondo luogo, la popolazione pediatrica di età inferiore ai 5 anni è ancora inidonea alla somministrazione del vaccino. Considerato che in media, ogni 24 ore nascono 237.000 bambini nel mondo (che sono suscettibili al COVID-19), finché non saranno disponibili vaccini approvati per tutte le fasce di età, è probabile una trasmissione continua del SARS-CoV-2.
“In definitiva lo strumento principale per ridurre l’esposizione della popolazione al COVID-19, garantire la protezione contro la malattia grave ed arrivare ad un livello di immunità sufficiente è rappresentato dalla campagna di vaccinazione. Questa, pur non azzerando il rischio di infezione, contribuirà a mantenere gestibili per il sistema sanitario gli effetti del virus” - ribadisce la dottoressa Silvia Ussai.
Effetto già visibile dagli attuali tassi di mortalità, scesi significativamente in Paesi dove l’immunizzazione è elevata come l’Italia.
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