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Lega, Marantelli il 'leghista rosso': "Giorgetti? Finalmente, interpreta l'umore del Paese"

Lega, Marantelli il 'leghista rosso': "Giorgetti? Finalmente, interpreta l'umore del Paese"

Lui è sempre stato dall'altra parte. Ma con tanti dirigenti della Lega ci è cresciuto. Altri li ha visti crescere. Ad alcuni, come Roberto Maroni, è legato da una decennale amicizia. Daniele Marantelli, varesino, ex-parlamentare Pd e membro della Direzione dem, detto il 'leghista rosso' negli anni a Montecitorio per le sue lunghe chiacchierate in Transatlantico con Umberto Bossi, le giornate convulse che sta vivendo il Carroccio le aveva previste, sin dalla nascita del governo Draghi.  

"Quando si è fatto il governo Draghi -dice all'Adnkronos- mi ero permesso di dire a Giorgetti, che conosco da tempo e a cui mi unisce anche la passione per il Varese calcio, che se fosse stato coraggioso quella era l'occasione per delineare un ruolo più importante della Lega in uno schieramento bipolare che avrebbe potuto contribuire a ridefinire i confini e i profili del suo schieramento. In parte questo sta avvenendo".  

Ma attraverso uno scontro durissimo con Matteo Salvini, chi lo vincerà? "Questo lo vedremo. Dico solo che la presa di posizione di Giorgetti, quella di alcune settimane fa e l'ultima con il libro di Vespa, sono un unicum nella storia della Lega in cui ha avuto sempre un ruolo importante ma silenzioso. Quando è uscito la prima volta, ho detto 'finalmente!'. Sono 25 anni che sta lì alla Camera, se non lo fa lui. Da presidente della Bilancio e della bicamerale sul federalismo - io ero il suo vice - ha stabilito contatti veri. Lui conosce i problemi". E ha fatto bene quindi? "Sta interpretando quello che il Paese si attende".  

La leadership di Salvini è in declino? "Dico solo che Salvini è venuto a Varese 4 o 5 volte per la campagna elettorale, ma questo non ha impedito la bruciante sconfitta della Lega...". Come se lo spiega? "Salvini è il loro comunicatore più bravo. Nel 2008 mi chiamarono all'università di Milano per una lezione sulla comunicazione politica e mi chiesero di portare un leghista. Io portai Salvini perché già allora si capiva che era il migliore tra loro sul versante della comunicazione".  

E poi, ha perso il 'tocco magico'? "Quando la comunicazione prevale su contenuto, non funziona più. C'è una parte consistente della Lega che capisce benissimo che la pandemia ha cambiato tutto: nelle famiglie si parla di lavoro, di salute, di scuola. I temi che hanno fatto la fortuna di Salvini fino alle europee non funzionano più. Se non cambia registro, andrà sempre più in difficoltà. Giorgetti invece mi pare capisca il Paese".  

Giorgetti segretario della Lega? "Lo stimo ma non credo che sia nelle sue corde. Però può riuscire a spostare la linea della Lega e se ci riesce fa un servizio al Paese. E' l'occasione per una scelta chiaramente europeista. In ogni caso credo che questo dibattito apra uno spazio enorme nelle regioni del Nord per un centrosinistra moderno, che abbia al centro la cultura del fare bene tipica di queste parti". Un centrosinistra che è andato bene alle amministrative al Nord ma che alle regionali non tocca palla da tempo... "Dal 1995, sono 25 anni che non vinciamo in Lombardia e Veneto. Io sono uomo di calcio e dico 'mai sottovalutare l'avversario', ma se non prendiamo la bandiera della cultura del fare bene, del risparmio, della piccola proprietà, dell'autonomia rischiamo di perdere questa occasione che potrebbe aprirsi".