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Del Conte su blocco licenziamenti: "Escludere alcuni settori è al limite costituzionalità"

28/06/2021

Del Conte su blocco licenziamenti: "Escludere alcuni settori è al limite costituzionalità"

"I percorsi ipotizzati per il blocco selettivo dei licenziamenti sono sostanzialmente due: quello che si basa sui settori, sui codici Ateco, e quello che si basa sul ricorso alla cassa integrazione. Ambedue in realtà presentano delle criticità". Lo dice ad Adnkronos/Labitalia Maurizio Del Conte, giuslavorista e presidente di Afol Metropolitana di Milano. "Per il primo criterio -aggiunge Del Conte- si parla di proroga del blocco dei licenziamenti nel tessile, abbigliamento e calzature, settori cioè previsti in ripartenza a settembre e quindi la norma potrebbe avere una sua logica. Tuttavia c'è un problema di fondo: dal punto di vista del principio di uguaglianza e quindi anche di tenuta costituzionale, si fa un po' fatica ad accettare questo criterio. E' vero però che ormai tutto è un po' fuori dai canoni ai quali eravamo abituati e in fondo anche lo stesso blocco dei licenziamenti è ai limiti con la tenuta costituzionale. Però -avverte- uno potrebbe dire: 'Perché questi settori e non altri?' E qualcuno potrebbe dire di avere problemi analoghi". Insomma il rischio è di creare "squilibri nel mondo produttivo".  

"Scegliere in base alla cig? Più razionale ma più complicato" 

L'altro criterio che illustra Del Conte e che potrebbe essere adottato, è quello in funzione del numero di ore di cig: "Questo sembrerebbe più razionale -dice l'ex presidente dell'Anpal- perché uno va a vedere con un calcolo preciso e obiettivo quale sia stata la richiesta di cig e si può fissare una soglia al di là della quale scatta il blocco. Ma c'è un problema operativo grande: si dovrebbe andare azienda per azienda a verificare quanta sia stata la cig e sappiamo che l'Inps non è rapidissima a fare questi tipi di operazione. E' un criterio che ha il pregio dell'oggettività, ma ho qualche dubbio che dal punto operativo -conclude Del Conte- l'Inps riesca a dare questi dati in tempi rapidi visto che mancherebbero solo due giorni all'entrata in vigore della misura".  

"Proroga al 31 ottobre senza logica" 

"Siamo un Paese che tipicamente ad agosto chiude tutto. Possiamo forse immaginare che dal 1° settembre quando la ripartenza sarà ancora più forte ci sia ancora il blocco dei licenziamenti?" chiede Maurizio Del Conte. "Perché si parla di prolungare il blocco al 31 ottobre? Si immagina forse che siamo ancora tutti in vacanza fino a quella data ? Io francamente non vedo una ragione in questa richiesta, che mi sembra piuttosto una proroga senza prospettiva. Ormai quello che doveva ripartire nelle attività economiche sta ripartendo e questa ripartenza va gestita e non frenata", rimarca Del Conte. Con l'ennesimo blocco dei licenziamenti, dice l'esperto "siamo abbondantemente fuori tempo massimo: il blocco poteva avere un senso nella fase più critica della pandemia, quando lo Stato ti imponeva di chiudere per emergenza sanitaria. Oggi con una situazione di ripresa, rischia di diventare un provvedimento fuori tempo e più si decide di allungare il blocco, più il fuori tempo diventa macroscopico". 

Politiche attive del lavoro: "In un anno e mezzo niente" 

"Al momento in questo anno e mezzo sulle politiche attive per il lavoro, non è stato fatto niente. E quando è iniziata la pandemia dovevamo prepararci a quello che sarebbe venuto, come d'estate si fa la legna per l'inverno" dice ad Adnkronos/Labitalia Maurizio Del Conte, già presidente dell'Anpal. "L'avere trascurato le politiche attive del lavoro in questo periodo ha già fatto delle vittime: un milione di posti di lavoro si sono già persi soprattutto di giovani e donne, ossia proprio coloro che con un'adeguato aggiornamento avrebbero avuto una possibilità concreta di essere riportati nelle condizioni di poter lavorare una volta passata l'emergenza", rimarca Del Conte. "Non c'è neanche un disegno presentato alle parti sociali -ricorda Del Conte-e in più si continua a parlare di riforma degli ammortizzatori sociali, ma senza un legame tra politiche attive e passive. Il rischio è di perdere l'occasione di diventare un Paese a dimensione europea nell'affrontare le crisi del mercato del lavoro", conclude. (di Mariangela Pani)