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5 gennaio – Chiesa Parrocchiale di Olgiate Comasco Santa Messa nel centenario di consacrazione della chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano omelia del Vescovo di Como - Cardinale Oscar Cantoni

05/01/2024

5 gennaio – Chiesa Parrocchiale di Olgiate Comasco Santa Messa nel centenario di consacrazione della chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano omelia del Vescovo di Como - Cardinale Oscar Cantoni

(Adnkronos) - Olgiate Comasco, 5 gennaio 2024. Mi unisco alla gioia di questa Comunità parrocchiale che festeggia i 100 anni dalla consacrazione di questo sacro edificio, dedicato al culto divino e ai santi Ippolito e Cassiano. Saluto tutti voi, discepoli del Signore, che accorrete, da generazioni, all’interno di questo tempio per incontrare l’umanità viva del Cristo Signore, diventando voi pure, nuovo tempio di Dio, perché membra del suo corpo!  

Pensiamo ai tanti volti di uomini e donne che hanno reso grazie a Dio dentro questo spazio sacro, alle diverse figure di Pastori, che con i loro carismi hanno dato vita alle celebrazioni, ai diversi momenti liturgici in cui si sono sottolineati i misteri di Cristo con liturgie appropriate, con segni che hanno richiamato una particolare solennità.  

Questo edificio è testimone dei momenti di festa e di gioia, come degli avvenimenti di dolore e di lacrime che qui sono state versate.  

Riconosciamo che le mura di questa chiesa sono totalmente impregnate di preghiere, di canti, di suppliche, di lamenti, di ringraziamenti a Dio Trinità da parte di quanti, uomini e donne di tutte le età e di tutte le vocazioni, si sono succeduti nel tempo, lungo questi cento anni.  

In questo santo tempio è espressa e riassunta l'anima dei cristiani olgiatesi, è "il luogo del cuore" di tutti e di ciascuno. E speriamo che lo sia anche per gli anni che verranno!  

Ho ancora nella mente la grande folla qui raccolta per la presenza dei resti mortali di s. Gerardo, un santo attraverso cui la devozione popolare olgiatese si è resa manifesta nei secoli, riproponendosi fino a noi.  

La domenica 22 ottobre dello scorso anno, a conclusione della settimana gerardiana, ammirato per la straripante presenza di persone, occupanti tutta la navata e gli spazi laterali e soprattutto per le molte ore di confessioni, realizzate nel corso della settimana, mi sono chiesto (e con me altre persone!): cosa significa, cosa esprime questo tanto accorrere di gente? Si tratta veramente di un vero "risveglio della fede" o è un fenomeno occasionale (e passeggero)?  

Lascio a voi la soluzione di questo non facile interrogativo.  

Da parte mia, auspico che la straordinaria presenza di folla nella settimana di s. Gerardo non sia interpretata come un segno nostalgico di "ritorno al passato", ma piuttosto mi auguro che possa significare un promettente e stimolante “nuovo inizio”, con una fede nel Signore che non può più essere di sola tradizione, saldamente radicata in questo particolare ambiente, un tempo marcatamente cristiano, ma espressione di una libera scelta personale.  

Domandiamoci allora che cosa è necessario per edificare oggi una rinascita della Chiesa nel cuore degli uomini. 

Un segnale significativo nella nostra epoca è una nuova esigenza per la cura dell’anima, oltre che del corpo, insieme alla marcata domanda di senso. Gli uomini di oggi, molti dei quali non sentono per nulla il bisogno di una loro appartenenza ecclesiale, a dispetto di ogni previsione, hanno ripreso ad avvertire una nuova attrazione al Dio vivente, che va sostenuto con una pedagogia che va tutta riadattata, secondo la sensibilità odierna.  

Il disagio emotivo e la solitudine, vero dramma del nostro tempo, che produce legami affettivi liquidi, mutevoli e fragili, hanno rimesso in movimento il desiderio di una ricerca di spiritualità fondata su sane e solide relazioni interpersonali, simili a quelle che hanno caratterizzato la Chiesa primitiva, come viene descritta negli Atti degli Apostoli, che facilitano l’apertura alla generatività e all’oblatività.  

Da qui l’urgenza per noi discepoli del Signore è quello di costruire oggi non più un tempio di mattoni, ma una Comunità fatta di “pietre vive”, cioè di cristiani e cristiane che sappiano far apprezzare la verità e la bellezza della chiamata battesimale, che indichino strade di felicità secondo il vangelo e sappiano intravvedere le potenzialità proprie a ciascun uomo, qualunque situazione esistenziale stia percorrendo.  

Ciò implica la responsabilità e il compito di presenza di battezzati all’ interno di una comunità cristiana (come la vostra!) per renderla accogliente, in grado di animare e promuovere relazioni autentiche, dove tutti possano essere loro stessi e conoscere Cristo mediante un incontro personale con lui.  

C’è bisogno, quindi, di cristiani e cristiane di tutte le età, che proprio attraverso l’annuncio evangelico (kerigma) e la testimonianza di vita, siano autentici e gioiosi testimoni della Risurrezione di Gesù, pietra angolare della fede cristiana. Non si tratta tanto di parlare di Cristo, ma far sì che egli viva in noi, in modo che la gente possa accostarsi a noi e trovarlo, perché lo sentono vivo in noi. 

Il primo e più incisivo messaggio che papa Francesco ha lasciato ai giovani partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù a Lisbona, lo scorso mese di agosto, a cui hanno partecipato anche vostri giovani, fu: “Dio ci ama come siamo, non come vorremmo essere o come la società vorrebbe che fossimo. Ci ama con i difetti che abbiamo, con le limitazioni che abbiamo o con la voglia che abbiamo di andare avanti nella vita. Dio ci chiama così: abbiate fiducia perché Dio è Padre ed è un Padre che ci ama, un Padre che ci vuole bene”.  

Assieme ad una Chiesa accogliente, occorre, dunque, predisporci ad offrire una Chiesa “ospedale da campo”, cioè madre misericordiosa che, pur proclamando la verità di Dio, non si mostri severa e intransigente di fronte alle tante ferite degli uomini, così che nessuno si senta escluso o giudicato. 

Cari fratelli e sorelle olgiatesi: cosa chiede oggi il Signore da voi?  

Che assumiate la “logica della compassione”, come segno della carità e della generosità di Dio, l’impegno del farsi carico dell’altro, la disponibilità al servizio di tutti, riconoscendovi, tuttavia, sempre “discepoli imperfetti” di Gesù, in un cammino di discepolato in cui lo Spirito Santo vi conduce gradualmente alla pienezza della verità, senza mai sentirvi degli arrivati e tanto meno con il diritto di giudicare gli altri.  

Vi è uno stretto legame tra il pane eucaristico, nutrimento per la vita eterna e il pane quotidiano, necessario per la vita terrena. E voi siete chiamati in questa chiesa ad accostarvi alla mensa eucaristica con gli stessi atteggiamenti di Gesù, prendendo cioè su di voi le sofferenze altrui, quel bisogno di compagnia che riempie la solitudine del cuore, quella vicinanza amica, discreta, dialogante e per nulla giudicante, che indica piena accoglienza nei confronti di tutti, anche con coloro che sono ai margini della società. 

La nostra missione oggi è rivolta anche a quelle persone che vivono al di fuori dei confini della Chiesa, che non camminano con noi perché hanno abbandonato la fede cristiana o si dichiarano non credenti o sono del tutto indifferenti. Possiamo trovare però, anche ad Olgiate, persone che desiderano “ricominciare”, i quali hanno diritto di essere accompagnati attraverso opportuni cammini. 

Siamo chiamati ad essere un segno di unità, a cui tutta l’umanità è destinata, e fare della comunità un luogo di riconciliazione. 

Già non sono pochi quelli che, anche in questa comunità parrocchiale, non richiedono il Battesimo per i loro figli, non celebrano il sacramento del Matrimonio cristiano, non avvertono nemmeno il conforto cristiano per i loro defunti.  

L’obiettivo, tuttavia, non è quello di convincere ad ogni costo quanti si sentono estranei alla Chiesa. Il nostro intento non è nemmeno quello di reclutare facilmente nuovi affiliati, ma solo di comunicare con gioia un grande dono. Quello che lo Spirito ha riversato su di noi e che noi siamo chiamati a trasmettere per il bene di tutti, dal momento che per Dio non ci sono lontani, ma solo figli!  

È il percorso della fraternità, che è essenziale per sostenere le diverse povertà di questo periodo, per innestare un processo di guarigione nella società ferita, ma che, nello stesso tempo, ci proietta oltre il mondo stesso, perché è un cammino che inizia da Dio e a Dio ritorna.  

Cari fratelli e sorelle che festeggiate il centesimo anniversario di consacrazione di questa chiesa: vi auguro di essere nella vostra Città il segno visibile, splendente, della presenza di Dio tra gli uomini. La bellezza dell’edificio sarà il riflesso di una comunità cristiana “bella”, perché aderisce al suo Signore, nello Spirito, e ne dà testimonianza attraverso la sua vita evangelica. Se sarete uomini e donne di vera accoglienza, di unità e di promozione di vita nuova, la vostra Comunità diventerà attrattiva e le persone accorreranno perché avranno scoperto in essa un’oasi di fraternità e di pace. 

Il vostro Vescovo 

Oscar card. CANTONI