Uniti per crescere


Uniti per crescere

In questi giorni si sta tenendo la 59° Assemblea nazionale ospitata dalla città di Udine.

"Uniti per crescere" questo è il tema voluto dal Presidente Umberto Mirizzi per l'incontro annuale di USARCI.

Tema sviluppato nel proprio discorso agli oltre 60 Delegati provenienti da tutta Italia, in rappresentanza delle sedi provinciali e regionali, e ai Colleghi di Udine intervenuti per l'evento.

Autorità, cari Colleghi, amici,

rivolgo a voi tutti un saluto caloroso e Vi ringrazio per essere qui, rivolgo anche un saluto particolare ed un “in bocca al lupo “ al nuovo Governo con l’auspicio che sappia fare bene, partendo dalle oggettive difficoltà in cui versa il nostro Paese e giungendo in tempi brevi a soluzioni capaci di ridare entusiasmo ai nostri giovani, credibilità internazionale all’Italia, competitività al sistema Paese e prospettive concrete di sviluppo per le nostre Aziende.

 Ormai da troppi anni apriamo i lavori assembleari costretti a parlare di crisi, di imprese che chiudono, di volume d’affari che diminuisce, di mancanza di visione su ciò che sarà e ciò che invece sarebbe bene che fosse.

Le nostra Aziende sono assediate in tutti i settori, dobbiamo combattere contro colossi informatici che senza possedere una sola stanza d’albergo sono le più grosse strutture alberghiere del pianeta, contro la contrazione di volumi d’affari intermediati causati da un utilizzo sempre più sconsiderato e sleale del commercio elettronico, contro società che senza aver acquistato un solo prodotto sono i più grandi negozi esistenti, contro aziende di trasporti che senza possedere una sola autovettura sono i più grandi tassisti esistenti.

Dobbiamo fare i conti con una palese disparità tra chi deve operare nel nostro Paese all’interno di regole che impongono mille adempimenti e chi invece può scegliere, spostando qualche computer, i luoghi che consentono la miglior tassazione, senza dover affrontare problemi di pressione fiscale, regole del lavoro, contributi previdenziali e quant’altro.

Abbiamo un’economia, che seppur timidamente, dà segni di ripresa e che se da una parte ci impone di puntare a nuovi traguardi per renderla strutturale e duratura, dall’altra ci contrappone ad un modello economico senza regole, fatto di merci di qualità scadenti e prezzi stracciati, che poco alla volta stanno mettendo fuori gioco quel tessuto economico fatto di piccole e medie imprese produttrici di eccellenze che contraddistinguono da sempre l’Italia ed il suo miglior prodotto: il made in Italy.  

La crisi ha falcidiato oltre centomila agenti di commercio, con tutto un indotto fatto di famiglie, mogli, mariti e figli e tutto questo anche per colpa del nostro sistema sindacale che non è stato capace nemmeno di attrarre l’attenzione su questo sterminio imprenditoriale consumatosi nell’indifferenza assoluta.

Ogni volta che celebriamo la nostra Assemblea convivono in noi due contrapposte aspirazioni, quella del bicchiere mezzo pieno che serve a concederci un pizzico di ottimismo e ci sprona a concentrarci su obbiettivi ambiziosi e nuovi traguardi e quella del bicchiere mezzo vuoto che ci impone di fare i conti con i tanti problemi che affliggono la Categoria e il Paese.

Siamo per nostra natura professionale degli ottimisti, abbiamo il compito nobile ma gravoso di far crescere i fatturati delle aziende che rappresentiamo attraverso il nostro lavoro quotidiano, ma il nostro senso di responsabilità ci impone anche di essere i difensori di tutti quei diritti sacrosanti senza i quali la parola lavoro viene spogliata della dignità.

Stiamo uscendo stremati da una crisi epocale che ha falcidiato non solo colleghi ma anche aziende e negozianti ed ora abbiamo il dovere di difenderci con le unghie e con i denti contro quel cecchino che si chiama commercio elettronico.

Non vogliamo andare contro il progresso, non ci interessa fermare il futuro, ma chi incassa provvigioni in Italia, chiunque esso sia, deve pagare le tasse, le imposte e l’Enasarco. Chi non fa questo deve essere duramente sanzionato.

Chiediamo una cosa che dovrebbe essere scontata e banale, ma così non è. 

L’Europa è senza dubbio la nostra unità di scopo, ma è assolutamente prioritario svolgere il tema di quale Europa vogliamo e di come vogliamo costruirla perché è ormai chiaro a tutti che dentro il perimetro dell’Europa ci sono i temi della nostra quotidianità e del nostro Paese.

Ci siamo noi. Noi come cittadini e come imprenditori.

L’ Europa ha senso per noi ed è una questione vitale se l’orizzonte non è sopravvivere ma crescere.

L’Europa oltre ad essere una casa in continuo divenire deve diventare una patria condivisa capace di gestire, organizzare e difendere ma anche di saper dare una strada alle sue genti.

Sinceramente non riesco ad immaginare un futuro prossimo fatto di vetture senza autisti, di commerci senza più negozi, di merci senza patria, un domani nel quale le relazioni interpersonali siano quelle dei social network e dove saranno i droni a fare le consegne di merci ordinate da un terminale.

Quel futuro suona da “de profundis” per il concetto stesso di lavoro e prefigura un’Italia ed un’Europa che non hanno saputo darsi regole capaci di mettere le nuove tecnologie al servizio dell’uomo.

Non vogliamo un mondo nel quale l’uomo è al servizio delle macchine, crediamo in un futuro nel quale l’uomo ed il lavoro sono al centro, nel quale le città sono ancora illuminate dalle vetrine dei negozi, nel quale le piccole produzioni di eccellenza non devono fare i salti mortali per rientrare in regole astruse pensate per le multinazionali, nel quale i piccoli borghi abbandonati tornino a ripopolarsi e dove il nostro Paese torni ad essere l’orgoglio di chi lo abita e di un’Europa che ci stima.

Nel recente congresso della IUCAB, l’Associazione mondiale degli Agenti di commercio della quale Usarci è parte, tenutosi a Torino, abbiamo parlato di queste preoccupazioni che non sono solo nostre, ma comuni a centinaia di migliaia di intermediari in tutto il mondo. 

La ormai lunghissima crisi politica del nostro Paese ha reso l’Italia vulnerabile e terreno fertile per la speculazione straniera; ormai troppe imprese che per decenni avevano rappresentato l’Italia che lavora, che produce e che è in grado di essere di successo sono emigrate oltre i nostri confini.

La nostra economia si muove con un passo troppo lento rispetto al resto d’Europa e, in quella che per tutti dovrebbe essere un’emergenza, manca ancora una visione comune della politica che sappia superare le differenze e ridare fiducia e strumenti affinché la crescita sia forte e duratura.

È indispensabile recuperare lo spirito unitario nella Nazione ma anche di quel mondo che storicamente in Italia ha rappresentato e rappresenta l’associazionismo del lavoro, delle professioni e dei mestieri. 

L’Usarci è parte sia dell’uno che dell’altro.

Non possiamo più permetterci di litigare per ideologie ormai scomparse tralasciando l’unico vero obbiettivo comune: la crescita.

Visione, progetto, unità, norme chiare e certe, giustizia giusta e veloce, minore pressione fiscale, burocrazia semplificata, agevolazioni a chi crea lavoro e impresa.

Sono punti evidenti che non possono più aspettare perché non possiamo restare l’unico grande Paese dell’area euro a registrare il più basso indice di crescita economica. 

Nel resto del mondo è in atto una forte accelerazione della domanda ed è ripartito un nuovo ciclo internazionale di investimenti, non possiamo permetterci di starne fuori.

A proposito di questo argomento credo sia assolutamente necessario che sia rivisto anche il ruolo delle Casse privatizzate, di cui l’Enasarco è la seconda per importanza e per valore patrimoniale, affinché inseriscano nell’orizzonte anche quegli investimenti correlati strettamente all’attività svolta dai propri assistiti.

Per la nostra Categoria, che è erosa da una contrazione, ormai purtroppo costante, di circa 4.000 unità, è fondamentale porre il focus su tutti quegli investimenti in attività reali che possano svilupparsi attraverso l’aumento di Agenti di commercio. 

Chiediamo ai Ministeri vigilanti di agevolare le politiche di sviluppo in tal senso perché creare nuovi posti di lavoro e rendere possibile la crescita di imprese italiane, nei fatti, vale molto di più che un 1% di interesse in più su un investimento. 

Evita la crisi   delle casse e incrementa il rafforzamento dell’economia.

Troppo spesso le casse previdenziali investono in fondi stranieri che usano i nostri quattrini per acquistare aziende italiane che poi decentrano in altri paesi.

Non possiamo continuare a darci la zappa sui piedi,  non va bene perché priva di risorse la nostra crescita interna e indebolisce la nostra economia.

Serve un nuovo rinascimento manifatturiero che attragga investimenti e crei posti di lavoro nuovi, serve una politica complessiva ed unitaria che abbia una visione di rilievo.

Non crediamo nel protezionismo, non possiamo crederci per la natura stessa del lavoro che svolgiamo.

Siamo nel mercato, viviamo di mercato e di concorrenza e sappiamo che l’isolamento e la chiusura non sono mai la risposta giusta, ma la globalizzazione va governata attraverso regole condivise ed applicate uniformemente. 

Dobbiamo inaugurare una nuova stagione di coesione, perché sarà per tutti così ed anche per noi; dovremo muoverci in terre sconosciute, dovremo prendere in mano il nostro destino perché noi saremo quello che decidiamo di voler essere.

L’Usarci è pronta ad assumersi la propria responsabilità in questo processo di rafforzamento ed unificazione di intenti ed obiettivi.

Anche la nostra Organizzazione è passata sotto le forche caudine di questa crisi, ha patito le divisioni ed i distinguo perché noi siamo, in proporzione, ciò che è - nel bene e nel male - il nostro Paese.

Per tornare a crescere dobbiamo comporre definitivamente le passate fratture ed avviare un progetto di ampio respiro che restituisca fiducia e carica.

Lo dobbiamo fare per la nostra coscienza civile e il nostro senso di responsabilità, ce lo chiede il ruolo dell’Usarci come corpo intermedio del Paese, soggetto politico ma equidistante dai partiti, un ruolo che tutti noi interpretiamo con orgoglio, passione, amore per l’Italia e la nostra Categoria.

Dobbiamo essere consapevoli che i nostri colleghi forti fanno una Categoria forte, ma che senza una Usarci forte anche i colleghi forti hanno vita dura e alla lunga rischiano di diventare marginali.

Il nostro traguardo è quello di lavorare per avere una Categoria forte che faccia diventare forti le nostre imprese e che insieme facciano forte l’Italia.

Siamo inclusivi, crediamo nelle nuove tecnologie e nelle loro potenzialità ma sempre con al centro l’uomo, perché le macchine non lo potranno mai sostituire nell’intelligenza, nella creatività, nella fantasia e nel saper essere solidale con chi ha bisogno.

Siamo nell’epoca in cui tutto cambia, nell’epoca dell’innovazione a tutto campo e anche noi come Categoria e come Usarci non possiamo essere estranei a questo fenomeno planetario.

Siamo di fronte ad una sfida che è già iniziata anche dentro la nostra Categoria, un tempo fatta in assoluta prevalenza da imprese individuali ma che ormai si trasforma a ritmi di un migliaio di nuove società di capitali all’anno.

Sono colleghi che hanno capito che solamente mettendo insieme le forze e strutturandosi saranno in grado di restare su un mercato sempre più esigente ed orientato al valore aggiunto del servizio.

Stanno cambiando gli agenti di commercio perché lo impone il mercato e anche noi dobbiamo cambiare, offrire nuovi servizi e nuove professionalità.

Dobbiamo dimostrare ai nostri associati di saper gestire la complessità, incentivare la collaborazione tra colleghi, far capire che lo stare insieme è l’evoluzione che esalta il meglio, che lo stare insieme permette di investire in conoscenza ed in strutture.

In Europa siamo in assoluto la nazione con il maggior numero di agenti di commercio, duecento quaranta mila circa in Italia contro i quaranta mila circa tedeschi e questo divario numerico è simile anche negli altri paesi della moneta comune.

Il trend è la riduzione costante delle imprese individuali e l’aumento di società di agenzia tra colleghi.

Un’altra lacuna tutta italiana è quella del basso numero di laureati impegnati nelle nostre imprese; soltanto il 20% in Italia contro il 50% in Spagna e il 50% in Germania.

Questo dato ha una spiegazione che solo in parte ci riabilita: in Italia, prima che noi dell’Usarci ci interfacciassimo con il mondo universitario, non esistevano lauree professionalizzanti.

Adesso, grazie alla nostra partner-ship con l’università telematica Pegaso, è possibile ottenere una laurea indirizzata all’intermediazione commerciale.

Molto resta ancora da fare in questo campo di vitale importanza che è la formazione.

In questi ultimi anni la nostra Organizzazione è cresciuta, abbiamo aperto nuove strutture e ci siamo avvicinati ancor  più alla nostra base, ai suoi problemi ed alle sue esigenze.

La nostra Categoria è obbligata a percorrere un sentiero stretto, nel quale un nemico agguerrito ed invisibile, il commercio elettronico, potrà essere contrastato concretamente solo unendo le forze e alzando il livello qualitativo e culturale del nostro ruolo.

Abbiamo ancora molta strada da fare e credo fermamente che anche per noi sia ormai giunto il momento di trovare un buon compagno di viaggio con il quale condividere il cammino, tutto in salita, che avremo davanti nei prossimi anni.

Proprio di questo discuteremo durante questa nostra assise, e da Udine dovremo uscire con decisioni importanti per il futuro, non solo nostro ma anche di tutta la Categoria.

A questo proposito voglio sgombrare il campo da ogni possibile fraintendimento; credo fermamente che la chiusura e l’isolamento non siano mai la risposta giusta, credo in una visione comune che includa e non escluda e che assicuri senza ombra di dubbio l’autonomia.

Abbiamo il dovere morale, civile e politico di agire il prima possibile per assicurare il bene nostro ma soprattutto di chi verrà dopo di noi.

Non possiamo avere paura di questo cambiamento di prospettiva, non possiamo restare soli.

Siamo stati e continuiamo ad essere l’unica forza sindacale che ha, con grande tenacia e dispendio di energie, assicurato alla nostra Categoria le più importanti vittorie di dignità e progresso.

In passato abbiamo anche manifestato a Roma davanti alle porte dell’Enasarco perché non eravamo d’accordo su gestioni giudicate opache; avevamo ragione, tant’è vero che la Magistratura poco tempo dopo ha scoperto il malaffare.

Siamo stati quelli che hanno ottenuto l’abolizione di clausole contrattuali penalizzanti ed ingiuste.

Siamo gli unici a non dover fare i conti in casa con i padroni.

Davanti a giuste recriminazioni che ancor oggi ci pongono in una situazione che lede la nostra stessa dignità di imprenditori e di persone ci è stata chiusa la porta in faccia ripetutamente.

La cosa più grave è che quella porta ci è stata chiusa proprio da quelle forze politiche e sociali che per loro stessa natura dovrebbero essere maggiormente sensibili a richieste sociali e di giustizia.

Il non poterci dedurre integralmente l’unico e solo bene strumentale indispensabile per produrre il nostro reddito – l’autovettura – è un tema di ingiustizia sociale che grida vendetta; siamo i soli imprenditori nel nostro Paese a non poterlo fare.

L’essere stati esclusi dalla cosiddetta doppia patente, concessa a tutti gli operatori professionali della strada è un’altra di quelle cose che grida vendetta.

Ancora: il monomandato è, nei fatti, un inquadramento che permette di far lavorare come Agenti di commercio dei dipendenti senza tutele e con redditi spesso da fame che tutt’altro possono definirsi tranne imprenditori – una vergogna - anche questo è un punto per il quale l’Usarci  sta combattendo.

Potrei proseguire, ma forse continuerei a mettere il dito nella piaga del nostro sindacalismo di Categoria, talvolta più sensibile alle platee con nomi illustri e propensa al prostrarsi al potere che ad adoperarsi con impegno per risolvere i mali che ci affliggono.

 

Noi, l’Usarci, esistiamo solo per un motivo: rappresentare gli Agenti di commercio e solo loro, nella politica e nella Società, con le quali abbiamo il dovere di integrarci per il progresso ed il benessere del Paese.

Per fare questo, ormai lo abbiamo capito tutti, serve essere forti, autorevoli, ascoltati.

Dobbiamo far crescere la nostra Organizzazione, aumentare i nostri associati nelle province, dobbiamo investire in cultura, professionalità e strutture.

Ecco perché si è avviato un dialogo con la Federazione dei Sindacati del Terziario, facente parte del circuito confederale Cisl.

 

Quello con la Cisl è un dialogo nato da lontano; con la Fisascat-Cisl abbiamo condotto negli anni tutte le trattative per i rinnovi degli Accordi economici collettivi.

Con loro recentemente abbiamo raggiunto un’intesa il cui obbiettivo è unire idee e forze per dare un importante rafforzamento relazionale ed organizzativo all’azione di politica sindacale fondamentale per il futuro della nostra Categoria.

 

Se non facciamo questa rivoluzione, se non la facciamo noi che siamo la prima linea del terziario, lasceremo indietro tutta l’intera Categoria e la colpa sarà solo nostra.

Se noi arretreremo, il sistema intero arretrerà, compromettendo la nostra intera Categoria, lasciandola al canto ammaliatore di sirene il cui unico e solo obbiettivo vero è mettere le mani sul patrimonio dell’Enasarco.

Esplorare nuovi percorsi è il nostro mestiere, sappiamo farlo bene, ma credo sia giunto il momento di capire davvero chi è al nostro fianco e chi no.

Con chi saprà essere nostro partner dovremo costruire una casa comune per affrontare una sfida che ormai è anche per noi globale.

Operare insieme deve essere un nostro salto di qualità ed il risultato dovrà essere un beneficio per la Categoria, per i nostri giovani, per le nostre famiglie, per le imprese che ci chiedono di rappresentarle sul mercato, per il Paese intero.

Vogliamo essere influenti nelle battaglie di civiltà, dire la nostra sul fisco, sullo stato sociale, sulla burocrazia che è come le sabbie mobili, ingoia lentamente l’entusiasmo di chiunque voglia fare impresa.

Vogliamo dire la nostra e partecipare al rilancio del paese nel manifatturiero, nell’alimentare, nella moda, nel design, nel turismo, intervenendo a sostegno con investimenti ben fatti dal nostro fondo pensione, affinché si crei nuova occupazione ed aumenti la richiesta di agenti di commercio.

L’Usarci è una forza popolare ed al popolo degli imprenditori come noi non si parla per scorciatoie, parlano i fatti e noi dobbiamo agire.

Dobbiamo aprire a temi di grande rivendicazione, dobbiamo farlo coniugandoli con i nostri valori che sono il coraggio, la dedizione, la tenacia, la solidarietà. 

Lo abbiamo fatto in passato quando eravamo semplici “piazzisti” ma anche allora abbiamo assicurato crescita e benessere.

Lo facciamo oggi, da imprenditori con la responsabilità di rappresentare il meglio dell’imprenditoria italiana.

Lo faremo anche domani.

Il prossimo anno l’Usarci festeggerà il suo settantesimo compleanno, ma vi assicuro che se ci guardassimo allo specchio vedremmo ancora una Organizzazione giovane, battagliera, piena di vitalità e di voglia di fare.

Insieme costruiremo il nostro futuro - ve lo prometto - sarà il futuro di tutti noi.

Grazie per la Vostra cortese attenzione

Umberto Mirizzi