Relazione di apertura XXV Congresso


Relazione di apertura XXV Congresso

Autorità, Signore e Signori, cari Colleghi e Delegati, grazie per essere qui.

A tutti voi il benvenuto dell’Usarci ed un caloroso saluto.

Oggi festeggiamo un anniversario, l’Usarci compie 70 anni

Settant’anni compiuti al servizio della nostra Categoria, trascorsi nella cura degli interessi morali e materiali, dando voce e presenza nei confronti delle Istituzioni ed in seno ad esse rappresentandoci nelle trattative con le Organizzazioni datoriali con le quali abbiamo sottoscritto tutti gli Accordi economici Collettivi.

Settant’anni per gli Agenti di commercio, trascorsi in totale indipendenza godendo dei successi e affrontando le grandi crisi, mettendoci sempre il cuore e tutte le nostre energie.

Settant’anni trascorsi a rappresentare l’intermediazione, un comparto che forse più di altri concorre al benessere del nostro Paese.

Siamo una Categoria che non lavora in fabbrica, negli uffici o nelle officine noi ci muoviamo, siamo sulla strada. È anche grazie al nostro lavoro quotidiano che si contribuisce in maniera insostituibile a far crescere il lavoro nelle fabbriche, negli uffici e nelle officine e con essi il benessere collettivo. 

Se oggi gli Agenti di commercio hanno un ruolo sociale migliore e maggiori tutele rispetto al passato è anche grazie al lavoro di questi settant’anni dell’Usarci, se non hanno ancora ottenuto quei riconoscimenti che invece avrebbero dovuto avere, beh… questa è una sconfitta dell’Usarci.

Siamo parte indispensabile di questa categoria, lo siamo nel bene e nel male così come lo siamo per il nostro Paese.

Nel nostro “agire” abbiamo sempre messo al centro le persone, ciò che ci lega è un sottile ma indistruttibile filo che passa attraverso il commercio, l’industria, i servizi, l’artigianato, l’agricoltura, i trasporti, le professioni, i nostri giovani, le nostre famiglie, un filo che percorre tutto il nostro Paese varcando i confini per entrare in Europa ed anche oltre.

L’Usarci e gli Agenti di commercio sono tutto questo, lo sono stati in passato e lo saranno in futuro perché noi sappiamo guardare oltre, facendo tesoro della nostra storia.

Siamo orgogliosi di tutto ciò, siamo fieri di questi nostri primi settant’anni, siamo ancora forti e pieni di idee.

In settant'anni abbiamo dimostrato forza, determinazione e volontà che abbiamo messo a disposizione della nostra Categoria e delle imprese che rappresentiamo sul mercato.

Con il nostro lavoro quotidiano non rappresentiamo solo delle aziende ma un tessuto sociale forte e tenace fatto di imprese ed imprenditori che ogni giorno resistono nonostante la lunga crisi.

Siamo gente abituata a camminare sui carboni ardenti, il nostro lavoro è portare risultati, muovendoci su un terreno iper competitivo, non possiamo e non dobbiamo avere paura anche se sappiamo di essere sempre in prima linea.

Se alziamo lo sguardo non possiamo fare a meno di osservare un contesto preoccupante.

La lunga ed attuale crisi ha sgretolato il ceto medio al quale apparteniamo che è sempre stato il punto di riferimento economico e sociale del Paese.

Diversi fattori esterni delineano uno scenario internazionale che sotto i profili della politica, dell’economia e della finanza appaiono talmente complessi che formulare previsioni risulta impossibile.

La politica interna funziona a corrente alternata, si poggia su un patto di governo dualista che, seppur rappresenta un esperimento innovativo e forse anche responsabile, inizia a dare segni di evidenti ed importanti contraddizioni.

Il credo politico, che in passato rappresentava il terreno di confronto delle diverse visioni, sta rischiando di alimentare ulteriormente quella spaccatura netta che ormai da troppo tempo divide il nostro Paese in fazioni rivali impedendo di dare spazio alla ragionevolezza ed al senso dello Stato.

Per rimettere in carreggiata l’Italia è assolutamente necessario che tutti ci si sforzi di andare nella medesima direzione con saggezza; non possiamo più permetterci di sprecare energie solamente per contraddire “l'altro”.

Il nostro Paese è debole, il nostro PIL in Europa è cresciuto poco, l’Italia è il fanalino di coda, siamo ultimi per crescita.

È assolutamente necessario che la “rabbia” si trasformi in passione e che il cambiamento che tutti chiediamo avvenga senza distruggere.

Abbiamo bisogno di una Pubblica Amministrazione vicina alle esigenze delle imprese e delle persone, che non vessi ma che aiuti, che agevoli e non che complichi la vita.

Abbiamo bisogno di leggi semplici che non si debbano interpretare ma che si applichino con facilità.

Serve un fisco che agevoli chi vuole intraprendere, che premi chi crea ricchezza ed occupazione, che aiuti chi investe.

Serve una politica lungimirante, pronta a comprendere tutti quei fenomeni che, se non regolati, potrebbero mettere a repentaglio la nostra collettività.

Penso all’economia digitale esentasse che, se non regolamentata, farà chiudere bottega ancora a molta gente, spegnerà le luci dei negozi delle nostre città, i laboratori dei nostri artigiani, i capannoni delle nostre piccole imprese.

Il digitale è il futuro, ma se non è compatibile con l’uomo, se non si fissano regole del gioco chiare e uguali per tutti quel futuro non sarà un buon futuro per nessuno.

L’economia quattro punto zero ha senso se serve ad agevolare l’uomo, se lo esclude è contro l’uomo.

Il commercio on-line ha già falcidiato fin troppo anche la nostra Categoria che negli ultimi quindici anni ha lasciato sul terreno centomila colleghi, espulsi dal mercato dalle grandi multinazionali che, pur facendo in maniera assolutamente chiara ed inequivocabile intermediazione commerciale, non hanno alcun obbligo contrattuale da osservare o contribuzione previdenziale da versare.

Comprare dalla più grande internet company del mondo stando a casa è più facile, meno faticoso e anche più economico che uscire da casa, scendere le scale ed andare in negozio, ma in questo modo chiudono i negozi, si perde il piacere di socializzare con le persone e si perdono posti di lavoro.

La difesa del lavoro, la salvaguardia dei redditi e del potere d’acquisto dei cittadini sono la vera garanzia per le imprese e per la loro competitività.

Alla politica spetta il compito di tradurre le esigenze in regole che servano a incentivare la crescita economica evitando quei provvedimenti che rallentino o fermino la sia pur timida ripresa, uno di questi riguarda l’IVA il cui aumento ulteriore sarebbe l’ultima beffa alle speranze di ripresa.  

Non si può continuare a pensare che l’IVA debba finanziare ogni progetto o ogni nuovo strumento. Il suo aumento creerebbe un ulteriore rallentamento della domanda interna che è la prima vera marcia della ripresa economica.

Regole e semplificazioni, investimenti in infrastrutture, agevolazioni per chi crea nuove imprese, semplificazione amministrative.

Fisco e lavoro sono temi sui quali la politica deve sapersi spendere e misurare e per farlo bene non può trascurare di rapportarsi con il mondo delle parti sociali, perché sarebbe un errore imperdonabile di presunzione.

La delocalizzazione selvaggia delle imprese e la fuga dal Paese dei nostri migliori cervelli hanno arrecato grandi danni mettendo il nostro “made in Italy” in crisi e troppo spesso in mani non più italiane.

Su questo delicato fronte è indispensabile lavorare per riportare le fabbriche nel nostro Paese, far rientrare i nostri cervelli, attrarre investimenti, incentivare chi produce all’interno dei confini, potenziare l’immenso valore turistico del Paese.

Non condivido il protezionismo, ma dobbiamo darci l’obiettivo di una forte economia e di un riequilibrio della bilancia commerciale.

Serve consapevolezza e realismo, serve comprendere però che la concorrenza non è più tra singoli Paesi ma tra Europa e il resto del mondo.

L’Europa però deve ritrovare un equilibrio vero e deve agire unita e l’Italia deve saper far sentire la sua voce a Bruxelles.

Questo Congresso è a ridosso delle prossime elezioni europee e l’Usarci è per l’Europa, perché solo nell’Europa è possibile fronteggiare le maggiori economie mondiali, da soli possiamo poco di fronte a giganti economici e politici.

Dobbiamo contrastare l’assuefazione di chi non va a votare perché erroneamente pensa che non possa cambiare nulla o addirittura che cambi in peggio.

Dobbiamo realizzare insieme un’Europa che abbia il senso della comunità, che abbia la consapevolezza di una visione politica davvero unitaria prima che economica e finanziaria.

È innegabile però la debolezza nel rispondere alle giuste preoccupazioni dei cittadini europei.

Gravi ed urgenti restano le questioni aperte, anche a livello europeo.

Mi riferisco per esempio all’avvio del delicato procedimento promosso dalla Commissione Europea per la valutazione della nuova normativa da adottare in sostituzione del regolamento 330/2010 della stessa Commissione che scadrà il 31 maggio 2022.

Regolamento che, secondo l’articolo 101, vieta gli accordi tra imprese limitativi della concorrenza, i così detti “Accordi Verticali”, ivi compresi quelli stipulati tra imprenditori per disciplinare il funzionamento della propria catena di distribuzione, tra questi, la Commissione ha fatto rientrare gli accordi di agenzia.

Questo procedimento ci preoccupa non poco poiché mira a rendere nulla, ritenendola limitativa della concorrenza, per taluni contratti di agenzia, la clausola di esclusiva di zona e di prodotto, elemento alla base stessa delle nostre leggi e degli Accordi Economici Collettivi.

Le nuove regole europee non possono rendere vane le nostre conquiste sindacali; su questo punto dobbiamo agire fin da subito chiamando a raccolta tutte le Organizzazioni consorelle per far fronte comune.

Speriamo che con le imminenti elezioni europee prenda forma un’Europa fatta di obbiettivi comuni, di valori condivisi e di culture somiglianti e non di europeisti costretti.

Il saper stare insieme non è solamente un obiettivo per l’Europa ma anche per la nostra Società, per l’Usarci, per il nostro sistema sindacale, per noi tutti.

In questi 70 anni, all’interno dell’Usarci, abbiamo sempre coltivato i principi di libertà, unione, democrazia e solidarietà.

Abbiamo fatto dell’unione sindacale un baluardo ed un principio che è una scelta coraggiosa, una scelta che all’unanimità, nella nostra Assise dello scorso anno, abbiamo deciso di condividere con una grande Organizzazione sindacale che raggruppa milioni di lavoratori: la CISL.

Con la CISL abbiamo intrapreso un cammino che sta portando buoni frutti, una strada che apre all’Usarci la visuale a 360 gradi sul mondo del lavoro e che sta dando alla Cisl una visione del lavoro autonomo ed in particolare dell’intermediazione che potrà essere d’esempio per approfondirlo meglio.

L’obiettivo degli anni a venire è creare un protagonista del nostro sistema sindacale che sappia essere sintesi di comuni sensibilità, culture somiglianti e valori condivisi.

La nuova Usarci inizia a prendere forma con l’obiettivo di essere maggiormente incisiva, propositiva e più forte per completare un quadro sindacale nel quale gli Agenti di commercio siano la cinghia di congiunzione tra le aziende, i suoi lavoratori ed il commercio.

L’Usarci ha lanciato molte volte da questo palco la sfida dell’unità sindacale, lo facciamo ancora una volta, oggi, rappresentiamo una Categoria che intermedia ben oltre il 60% del Prodotto Interno Lordo italiano, gli Agenti di commercio sono l’asset immateriale di maggior valore per una azienda, senza il nostro lavoro buona parte delle produzioni di beni e servizi resterebbero nei magazzini.

Il nostro mestiere è vendere, lo facciamo percorrendo migliaia di chilometri l’anno, visitando centinaia di clienti ai quali offriamo consulenza, servizi e conoscenza del mercato.

Eppure la nostra Categoria è in continua erosione, gli agenti di commercio sono ogni anno meno, unico saldo attivo è quello delle agenzie società di capitali, in controtendenza.

Per questo a noi, a tutte le parti sociali, alle Associazioni che rappresentano gli Agenti di commercio va richiesta tanta responsabilità ed unità.

Per dare alla nostra Categoria la dignità che merita dobbiamo essere così saggi da saper mantenere la barra dritta, lavorare sui temi che ci uniscono e individuare un cammino che sia credibile e sostenibile.

Pensiamo che serva una rappresentanza che sappia interloquire unitariamente sui temi che sono il cuore della Categoria quali:

-       Gli accordi economici collettivi;

-       Il welfare contrattuale;

-       La formazione;

-       L’incentivo all’ingresso dei giovani;

-       La previdenza Enasarco.

Dobbiamo valorizzare gli accordi economici davvero rappresentativi con innovazione e lungimiranza per non lasciare spiragli a possibili falsi accordi e per non disperdere un patrimonio di relazioni e traguardi ottenuti.

Serve saper spostare l’attenzione nei confronti dei giovani, avviare percorsi di formazione ma anche focalizzarci su importanti traguardi quali la deducibilità dell’auto, la patente professionale, il monomandato e l’e-commerce.

A proposito di monomandato, che sembrerebbe essere nel mirino degli “accordi verticali” dalla Commissione Europea, credo si debba aprire una comune riflessione per non essere superati.

La recente apertura del tavolo per il rinnovo dell’Accordo con il commercio ci vede affrontare una sfida davvero importante e strategica ovvero l’individuazione di regole contrattuali sul commercio elettronico.

Su questo argomento il nostro sistema sindacale ha dimostrato capacità di fare squadra e coesione; cosa che invece non succede nell’ambito del nostro Ente di previdenza.

Sul fronte Enasarco ci siamo sfaldati e divisi e se non sapremo ritrovare una sintesi daremo un pessimo servizio alla Categoria.

Non si può far finta di non capire che senza una solida alleanza tra le Parti Sociali le elezioni Enasarco, in programma per metà dell’anno prossimo, con le quali la Categoria dovrà eleggere i nuovi Organi della Fondazione, partoriranno coalizioni avvelenate, deboli ed incapaci di affrontare le profonde riforme necessarie per la stabilità previdenziale futura.

La vera grande sfida è quella di rilanciare l’unità dei nostri rapporti tra Parti Sociali attraverso il dialogo, il confronto ed il bilanciamento degli interessi, ritrovando un cammino per il bene della nostra Categoria.

Non possiamo accusare le divisioni della Politica, la burocrazia, l’Europa e poi agire in disaccordo.

Il primato è nella capacità di concepire idee e rapporti sociali capaci di essere all’altezza delle sfide che ci attendono – questa è la differenza tra la rappresentanza “forte” che sa dare soluzioni alle esigenze della Categoria e quella “debole “che si adagia nella sterile constatazione dei disagi.

Noi proponiamo un contratto, a noi, che facciamo sindacato, i contratti piacciono sempre.

Un contratto per l’Enasarco, semplice, concreto, con pochi punti, un contratto che dia dignità alla nostra Categoria.

Non siamo alla ricerca del consenso a tutti i costi ma siamo interessati al bene della Categoria, da settant’anni!

Abbiamo in mente il nostro lavoro e la nostra gente che lo svolge ogni giorno, tutte le mattine accende il motore della propria auto con la voglia di dare il meglio di sé per le aziende che rappresenta, per i clienti che serve e per il bene della propria famiglia.

C’è differenza tra chi ha bisogno di raccogliere consenso tutto e subito vivendo una continua campagna elettorale e chi invece pensa con pazienza, coraggio e lungimiranza.

La nostra Categoria ha bisogno di scelte che diano buoni frutti, che diventeranno buoni frutti per coloro che rappresentiamo, per i nostri figli e le nostre famiglie.

Il nostro è un lavoro duro, pieno di chilometri, di ansia e anche di sconfitte, ma è il più bel lavoro che si possa fare perché nell’ incertezza e la precarietà si trova l’autonomia e l’indipendenza, due valori impagabili.

L’Usarci crede in questo.

E da settant’anni ha fatto di questi valori il proprio vanto.

L’Usarci ha settant’anni ma pensa incessantemente ai giovani, pensa al pluralismo e alla Società in cui viviamo, pensa al nostro Paese e lo fa con responsabilità ed orgoglio.

Si conclude oggi il mio mandato da Presidente Nazionale; nel corso di questo Congresso i nostri Delegati saranno chiamati ad eleggere i nuovi Organi della Federazione.

La sorte ha voluto che proprio a me spettasse l’onore di varcare la soglia dei settant’anni, sento quindi di dover volgere lo sguardo a chi mi ha preceduto per ringraziarli di ciò che sono stati capaci di tramandarci.

Esprimo quindi la mia gratitudine e quella di tutta l’Usarci a persone che hanno dato molto alla Categoria, a chi con spirito di sacrificio e lungimiranza ci ha permesso di raggiungere questo traguardo

- Ernesto Borrella di Venezia ed Enrico Martucci di Bari, che costituirono l’Usarci 70 anni fa; 

- Adriano Pretti di Torino;

- Elio De Padova di Torino;

- Leone Alberti di Genova;

- Enrico Nicolini di Genova;

- Francesco De Pasquale di Napoli;

- Lorenzo Righetti di Torino;

e Ciano DONADON di Treviso.

Ringrazio tutte le donne e gli uomini che hanno lavorato per puro spirito di servizio, gratuitamente, dedicando tempo ed energie negati alle loro famiglie ed al loro lavoro per la nostra Organizzazione.

Abbraccio fraternamente il mio Vicario, i Vicepresidenti, i Consiglieri, il Tesoriere, il Segretario e tutti i collaboratori che mi hanno accompagnato in questo mandato e che sono stati una vera Squadra, preziosa ed indispensabile.

Un particolare e fraterno ringraziamento al mio Amico e Vicepresidente Mario Nicolai, che con grande passione ha segnato con noi una parte della nostra storia. A Lui, nel corso di questa assise, consegnerò un personale riconoscimento.

Amici tutti, abbiamo superato momenti difficili, altri ancora ne supereremo, ma sempre uniti, senza lasciare indietro nessuno, confrontandoci anche e soprattutto con chi non la pensa come noi. 

Siamo sulla stessa barca insieme alle aziende che rappresentiamo e a chi ci lavora. 

Lo facciamo affinché la nostra Italia sia migliore, perché le nostre tradizioni, la nostra tenacia, le nostre capacità diventino una buona eredità per chi verrà dopo di noi.

Viva l’Italia

Viva l’Usarci 

UMBERTO MIRIZZI