(Adnkronos) - Sei condanne all'ergastolo nella Repubblica democratica del Congo per la morte, il 22 febbraio di due anni fa, dell'ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo in un agguato nel nord Kivu. Lo riferiscono i media locali, secondo cui il processo a Kinshasa contro i sei imputati, uno dei quali latitante, era iniziato il 12 ottobre scorso. Sono stati ritenuti colpevoli di "omicidio, associazione a delinquere, detenzione illegale di armi e munizioni da guerra".
Il tribunale militare di Kinshasa non ha comminato la pena di morte richiesta dal pubblico ministero, mentre ha stabilito un risarcimento danni di poco meno di 1,9 milioni di euro. La difesa dei sei imputati, presentati come appartenenti ad una banda di criminali comuni e rapinatori, ha già annunciato che ricorrerà in appello.
La condanna di sei non chiarisce tuttavia alcuni punti ancora oscuri: mentre il tribunale ha confermato che si è trattato di un tentato rapimento dell'ambasciatore - che si era recato nel nord Kivu con un convoglio del Programma alimentare mondiale - con richiesta di riscatto, gli imputati hanno denunciato che le loro confessioni sono state estorte sotto tortura.
IL PADRE - "Ci sono ancora diverse zone d'ombra che vanno chiarite", dice all'Adnkronos Salvatore Attanasio, padre di Luca, commentando il verdetto che arriva da Kinshasa. Sulla sostanza del processo "si può dire poco, lasciamo che i legali leggano gli atti e capiscano come nella realtà si sono svolte le cose. Sembra comunque - sottolinea - che vi siano diverse zone d'ombra. La nota positiva in tutta questa tragedia è che non sia stata recepita la richiesta del pubblico ministero di condanna a morte per i sei imputati, probabilmente anche grazie alla nostra presa di posizione fortemente contraria alla pena di morte". Il 25 maggio, in Italia, si deciderà sul processo ai due funzionari del Programma alimentare mondiale (Pam) dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma. "Ci sono due filoni di indagini, uno anche per comprendere la dinamica dei fatti e accertare le responsabilità, mi auguro che in questa occasione si possa finalmente giungere alla verità", è l'auspicio di Salvatore Attanasio che non nasconde perplessità sugli esiti del processo congolese: gli accusati, ricorda, "prima si sono autoaccusati, poi hanno ritrattato" sostenendo di essere stati costretti ad ammettere le loro colpe con la violenza. "Insomma, dove sta la verità? Sono stati loro o no?"
"Il risarcimento di due milioni di dollari all'Italia deciso dal tribunale militare congolese? L'ho appreso dagli avvocati - aggiunge poi il padre di Luca Attanasio -, ma credo che sia solo un gesto simbolico, in quanto non penso che i condannati possano poi effettivamente pagare, e comunque a me interessa ben poco, quello che cerco è verità e giustizia per Luca. E credo ci si possa arrivare attraverso le indagini della Procura di Roma e un relativo processo".
AMNESTY INTERNATIONAL - "Non è certo che finora sia emersa tutta la verità", afferma all'Adnkronos Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia. "Condivido - aggiunge Noury - lo stato d'animo del padre dell'ambasciatore Attanasio che si pone dubbi rispetto all'assenza di mandanti ancora in questa fase processuale e sul rischio che questa vicenda si concluda con una verità giudiziaria alquanto incompleta. L'unico fatto positivo - sottolinea Noury - è che è stata comunque accolta la richiesta del papà di Attanasio di non emettere le condanne a morte, importante a maggior ragione perché non è certo che finora sia emersa tutta la verità".