(Adnkronos) - Milano 6 maggio 2024 - «Occorre comprendere come il lavoro possa aderire in ogni sua forma alle azioni che sono necessarie per raggiungere lo scopo del contenimento dei danni cagionati al clima, al tempo e in modo più generale alla natura». A patto che ciascuno faccia la sua parte, quotidianamente.
Il giuslavorista e Consigliere esperto del CNEL, l’avvocato Francesco Rotondi, inquadra così il contributo che il lavoro, cioè l’occupazione di ciascuno, può dare per incidere rallentare e operare positivamente sui cambiamenti climatici in corso e sugli effetti connessi.
Una riflessione che muove dai dati che gli esperti continuano a fornire e che rivelano, ormai, costanti anomalie rispetto all’andamento storico. Non, quindi, fenomeni riconducibili all’eccezionalità, ma indici di un mutamento strutturale del clima. La pioggia e le temperature registrate a Milano nei primi tre mesi del 2024, per esempio, ne sono una conferma, come si evince dalle analisi di Arpa Lombardia. Nel primo trimestre di quest’anno, a Milano sono caduti 478 millimetri di pioggia, un dato molto vicino al primo trimestre del 2014 che aveva fatto registrare 489 millimetri.
«Guardando all’intera serie storica della stazione di Milano Brera, ossia dal 1764, è possibile affermare che queste annate occupano le prime due posizioni in oltre 260 anni di storia», spiega l’Arpa. Rispetto la media trentennale 1991-2020 il surplus si attesta al +170 per cento. Se questo andamento consente alle riserve idriche lombarde di essere stabilmente al di sopra della media del periodo di riferimento, 2006-2020, «un cenno doveroso» l’Agenzia lombarda lo fa alle temperature, perché, nonostante le frequenti piogge, «l’anomalia rispetto al clima medio è di oltre 2 gradi, al pari del 2023 e senza precedenti in tutta la serie storica»
Il tema del cambiamento climatico e più in generale della sostenibilità e del benessere «non credo abbiano una caratteristica settoriale e/specialistica», afferma Rotondi. «Ognuno – prosegue – deve svolgere la propria parte condizionando l’agire collettivo». Quindi, il rapporto lavoro-cambiamento climatico «non è un tema normativo», non è neppure una questione rispetto alla quale occorre agire in termini punitivi, «ma configura il famoso e quasi ormai noioso tema culturale».
Rotondi, quindi, sollecita «azioni volte alla creazione della cultura». Perché, analizza criticamente, «se continuiamo a demolire il più alto concetto di bisogno di cultura, a demonizzare scuola e docenti, ben poco potranno fare norme e procedure. C’è bisogno di formazione, controllo e organizzazione, solo così potremmo cominciare a invertire la rotta».
Ufficio Stampa
Francesca Schenetti
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