Concorsi pubblici: Innovazione troppo lenta e prospettive di carriera incerte: i giovani in fuga dal lavoro pubblico


Concorsi pubblici: Innovazione troppo lenta e prospettive di carriera incerte: i giovani in fuga dal lavoro pubblico

(Adnkronos) - Per il 60% dei giovani il lavoro nella Pubblica Amministrazione non è ancora in grado di valorizzare il talento e rispondere alle ambizioni dei lavoratori. 

Roma - 21 Dicembre 2022.Giunti oramai alla fine del 2022, anche per la Pubblica Amministrazione è tempo di bilanci. Tra le tante sfide in corso, quella del rinnovamento del personale e l’ingresso di nuove competenze resta forse la più rilevante, soprattutto guardando al medio e lungo periodo: i grandi concorsi ancora in svolgimento e le iniziative legate al PNRR hanno segnato, nei mesi scorsi, un tentativo di rilancio della PA non solo in termini di capacità di risposta ai fabbisogni di servizi da parte dei cittadini.  

Negli ultimi mesi, la narrazione comune che vede i giovani italiani come un popolo di aspiranti impiegati pubblici ha cominciato, lentamente, a scricchiolare: le cronache recenti ci raccontano di un imprevisto numero di vincitori e idonei che dopo aver partecipato con successo ad un concorso pubblico, decidono infine di non prendere effettivamente servizio, costringendo le amministrazioni a imprevisto scorrimenti di graduatoria. Altrove, per ruoli particolarmente specialistici, si registra al contrario un bassissimo numero di partecipanti in linea con i profili ricercati dai bandi di concorso, con ancora meno candidati risultati poi effettivamente idonei al ruolo. 

Due fenomeni apparentemente opposti, che evidenziano alcune debolezze del lavoro pubblico a volte sottovalutate: prospettive di carriera poco attrattive, trattamenti economici poco flessibili (per quanto garantiti), resistenza al cambiamento. I due esempi si inseriscono in uno scenario nuovo, in cui il mondo del lavoro si sta trasformando sempre di più e anche il lavoro pubblico, con i suoi complessi percorsi di ingresso e ingaggio, si sta ripensando profondamente.  

Le competenze richieste a chi desidera intraprendere una carriera nel settore pubblico oggi sono profondamente diverse da quelle richieste soltanto un ventennio fa. In un periodo segnato da forte instabilità e incertezza, un secondo obiettivo, di più ampio respiro, è proprio quello di riqualificare la percezione del lavoro nella Pubblica Amministrazione agli occhi agli occhi dei giovani e dei professionisti, ai quali il pubblico deve saper offrire un contesto lavorativo più attrattivo rispetto al passato, capace di rispondere alle ambizioni di crescita e realizzazione professionale e personale dei giovani al pari delle grandi realtà private attive nel nostro Paese. Un fattore considerato cruciale per la realizzazione dei piani di innovazione che oramai da decenni coinvolgono la pubblica amministrazione, e che appaiono irrealizzabili senza un concreto rinnovamento del personale pubblico e delle competenze.  

L’indagine FuturAp 2022: PA statica, i giovani scelgono il privato  

La recente indagine FuturAp 2022 sul “futuro e l’innovazione dell’amministrazione pubblica”, a cura dell’Università Cattolica, ha indagato quanto la PA continui a mostrarsi monolitica e ermeticamente chiusa agli occhi dei giovani laureandi e neolaureati in cerca di lavoro, che oltre a non riconoscere come adeguati i percorsi e le logiche di accesso, temono, forse ancora di più, le effettive possibilità di carriera e realizzazione personale nel settore Pubblico. 

Secondo quanto rilevato dal rapporto, il 46% del campione intervistato ritiene che il pubblico non riesca a valorizzare adeguatamente le conoscenze e le capacità del lavoratore mentre l’86% ricerca questa caratteristica nel lavoro ideale. 

La PA appare un ambiente lavorativo meno attrattivo rispetto al privato anche su altri fronti quali ambiente di lavoro e qualità del management, considerato carente da oltre il 60% degli intervistati. Ma uno dei dati più significativi, ancora una volta, rimane quello legato alle possibilità di carriera, considerata dai giovani come una delle maggiori discriminanti attrattive nella scelta del proprio percorso professionale: solo il 40% ritiene che la PA offra possibilità di crescita adeguati. 

Non tutte le valutazioni verso il settore pubblico sono negative: sono considerate estremamente attrattive, infatti le prospettive di stabilità che offre l’impiego nel pubblico. Inoltre, i giovani riconoscono la rilevanza e l’impatto del lavoro pubblico sulla comunità, un aspetto considerato rilevante nel lavoro ideale che si sta cercando (55%) e che il 65% del campione considera proprio del pubblico impiego.  

Questa ambizione “di servizio”, così presente nelle nuove leve, non può che suggerire un'ulteriore accelerazione sul fronte dello svecchiamento della PA e del rinnovamento delle pratiche di accesso, che sebbene non possano cambiare nella forma (così da garantire parità di condizioni di accesso), devono liberarsi di un’impostazione considerata eccessivamente nozionistica e fuori mercato. 

Eccesso di burocrazia e personale poco motivato: il 50% degli italiani è insoddisfatto della PA  

Il ricambio generazionale è confermato anche dal Censis, che nel suo 56° rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese certifica l’urgenza di dare attuazione ai piani di assunzione in corso. Oggi, infatti, l’età media dei dipendenti pubblici sfiora i 50 anni, un valore medio di circa 6,5 anni in più rispetto a quanto rilevato nel 2001. 

Il personale pubblico con 55 anni e oltre costituisce il 36,7% del totale, mentre quello con meno di 35 anni si ferma a circa il 10%, registrando un dato pari a meno della metà rispetto al 2001. In aumento anche l’anzianità di servizio media negli ultimi vent’anni, che è passata da 16,5 a 17,5 anni. Solo le recenti stabilizzazioni del comparto scuola hanno aiutato ad accrescere la quota del personale con meno di 5 anni di anzianità di servizio (il 25,8%), ma si tratta per lo più di processi di stabilizzazione di precari di lungo corso. 

Il personale dirigente della Pubblica Amministrazione conta oggi 193.000 persone, il 3,5% in più rispetto al 2011: in sintesi, si conta un dirigente ogni 16 dipendenti pubblici. Si nota però un progressivo invecchiamento. Aumentano infatti sia i dirigenti over 55enni (dal 41,0% del totale nel 2011 al 44,2%), sia nella fascia intermedia di 35-44 anni (dal 17,1% al 21,7%). Negli ultimi anni però sono in leggero aumento i giovani dirigenti, con meno di 35 anni (dal 2,5% del totale nel 2011 al 3,8%), rimanendo tuttavia una minoranza. Aumentano i dirigenti con alte competenze che possono vantare percorsi di specializzazione post-laurea e dottorati di ricerca, che raggiungono il 46,7%.  

In questo contesto, iI Censis rileva quanto ancora oggi oltre la metà degli italiani (il 51,5%) si dichiara ancora insoddisfatta del funzionamento della PA, ancora segnata da l’eccesso di burocrazia (31,4%), la scarsa motivazione del personale (29,2%), la cattiva organizzazione (17,5%) e l’interferenza della politica nelle nomine dei dirigenti (12,9%). Il 6,3% degli insoddisfatti indica come motivo principale del cattivo funzionamento della PA il ricorso ancora limitato alle tecnologie digitali. Un’emergenza che non può che partire da nuove politiche di rinnovamento del personale. 

4 milioni di dipendenti pubblici nel 2028: l’importanza dei concorsi pubblici per la crescita della PA  

Secondo i dati della Ragioneria dello Stato, attualmente i dipendenti pubblici sono 3,2 milioni. A dispetto dei luoghi comuni e della percezione di gran parte della popolazione, questo numero pone il nostro Paese sensibilmente al di sotto rispetto a quanto fanno registrare altri paesi come la Francia (5,7 milioni), Germania (5 milioni), Regno Unito (5,3 milioni). Il rapporto tra dipendenti pubblici/numero totale dei residenti del 5,5% (in calo rispetto agli anni Ottanta, quando si attestava intorno al 6,5%). In Francia il rapporto è pari a 8,3%, in Inghilterra 8%. 

Sul fronte delle nuove assunzioni, gli ultimi anni hanno risentito di un rallentamento anche legato alla crisi pandemica, che se da un lato ha rallentato i concorsi in corso dall’altro ha accelerato l’adozione di nuovi processi centrati sullo smart working e rilanciato il dibattito, al netto dei futuri possibili sviluppi, sul ruolo del dipendente pubblico nella società di oggi e, sugli obiettivi della PA e, conseguentemente, sulle competenze richieste ai nuovi assunti nel pubblico impiego. 

Il tema è al centro di una riflessione comune in tutta Europa: secondo uno studio condotto dall’EUPAN - European Public Administration Network – i nuovi concorsi pubblici punteranno sempre di più a valutare ambiti quali il ragionamento logico/matematico, la capacità di lavorare in team, le capacità relazionali e comunicative, l’attitudine alla leadership, le capacità di analisi e di pianificazione, oltre che specifiche abilità tecniche e conoscenze normative e giuridiche strettamente legate alle mansioni da ricoprire. Non secondario (e questa, almeno in Italia, è una bella novità) il peso di soft skills quali creatività e proattività. Ancora più sofisticate le competenze ricercate in chi partecipa a concorsi per ricoprire incarichi di dirigenza e management: in questi casi assumono ancora più centralità competenze associate a consapevolezza politica, pensiero strategico, attitudine alla gestione delle Risorse Umane, capacità di costruire reti interpersonali e di valore per sé e per le organizzazioni che si rappresentano. 

Questo mutamento si trasferisce sull’attenzione ai concorsi pubblici: secondo l’indagine la ricerca su Lavoro pubblico 2022 realizzata da FPA, a giugno 2022, solo 30 dei 55 grandi concorsi pubblici sono stati conclusi, andando a coprire circa 14,5 mila dei 103 mila posti messi a bando. Tra i 25 ancora concorsi in corso nella seconda metà del 2022 un posto di rilievo è stato ricoperto dalle diverse procedure legate al mondo della scuola, che prevedono l’assegnazione di circa 80 mila posti.  

Il mondo dei concorsi pubblici ha inoltre assistito a una piccola rivoluzione legata alle procedure per il reclutamento di professionisti da impegnare per l’attuazione del PNRR, che ha già portato ad oltre 15mila assunzioni. Questi bandi hanno registrato nell’anno 2021 circa 160 mila candidature, con un 6% di assunzioni rispetto alla platea dei partecipanti. 

Si tratta dei primi passi dell’ambizioso piano di assunzioni per il pubblico impiego proposto dal Ministero della Pubblica Amministrazione del Governo Draghi, che mirava a raggiungere entro il 2028 i 4 milioni di Dipendenti pubblici con “un’età media di 44 anni e competenze adeguate”. Il piano mira, dunque, ad assumere entro i prossimi 6 anni 1,3 milioni di persone – circa 200 mila ogni anno – di età media di 28 anni, accompagnando le procedure concorsuali ad un approfondito piano di formazione impostato su un’analisi delle necessarie competenze.  

Su questo punto, le procedure di ingaggio sono da tempo oggetto di una profonda riflessione: appare sempre più urgente l’avvio di percorsi di ingaggio basati sulle competenze e non più sul nozionismo a cui i tanti concorsi pubblici di questi anni si sono limitati. Oltre a essere considerati eccessivamente nozionistici e inadatti a una valutazione efficace delle competenze dei candidati, i concorsi pubblici rappresentano sempre più un “unicum” nel mondo del lavoro italiano, approcciati con particolare diffidenza da studenti, laureandi e laureati, sempre più abituati a muoversi in un contesto sociale dove l’incontro tra domanda e offerta di lavoro risente sempre più di canali alternativi e informali.  

Secondo l’ultimo policy brief dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche - INAPP, che prende in esame i dati dell’indagine Inapp-Plus presentati al Festival del lavoro di Bologna a giugno 2022, il peso della informalità nella ricerca di lavoro cresce sempre più: negli ultimi dieci anni quasi un lavoratore su quattro (23%) ha trovato occupazione tramite amici, parenti o conoscenti, il 9% attraverso contatti stabiliti nell’ambiente lavorativo. In tutto, tra il 2011 e il 2021 i canali informali di ricerca hanno generato il 56% dell’occupazione: circa 4,8 milioni di posti di lavoro sottratti alla intermediazione “palese”.  

Tra i canali formali, il ruolo dei concorsi pubblici è sempre meno centrale, interessando solo il 10% di chi ha trovato lavoro, valore pari a circa sette punti percentuali in meno rispetto a dieci anni prima,che risente della generale riduzione del perimetro di interesse del settore pubblico e del blocco del turn-over nella PA.  

Ma la crisi pandemica prima, l’instabilità internazionale poi e l’attuale crisi del settore energetico (accompagnata dalle prospettive demografiche dell’Italia, con un’età media sempre più alta) stanno rimettendo al centro dell’attenzione pubblica e della politica il ruolo centrale della Pubblica Amministrazione, soprattutto in settori strategici quali la sanità, la scuola, la sicurezza, il welfare e il sostegno alle imprese, imprimendo una accelerazione inevitabile all’attuazione dei piani di assunzione e alla ricerca di professionalità capaci di muoversi in settori così delicati, che nei prossimi anni dovranno essere capaci di rispondere alle sfide della complessità.